Chi, almeno una volta nella vita, non è rimasto affascinato dall'idea di mettersi in gioco per superare i propri limiti? E a quale genitore non piacerebbe avere un figlio motivato al miglioramento personale?
Chissà quante volte ci siamo fatti propositi importanti e ogni volta, dopo un inizio promettente, ci siamo persi per strada.
Basti pensare alla dieta, o al voler essere un genitore o un partner migliore. Oppure a tutto ciò che ha a che fare con le performance sportive.
E a quanti genitori piacerebbe avere figli interessati e determinati nel voler ogni giorno migliorare se stessi?
Ma è chiaro che per uno che arriva a destinazione raggiungendo l'obiettivo che si era dato, c'è sempre un nutrito gruppo di persone che non ce la fa e abbandona i buoni propositi.
Cos'è che determina questa differenza? Cos'è che fa sì che qualcuno riesca ad intraprendere questo viaggio e altri no?
Ciò che mi piace in "Oltre sé stessi" è che non si fanno sconti: innanzitutto occorrono determinazione e resilienza (ovvero la capacità di "resistere agli urti" e di sapersi rialzare dopo eventi negativi): senza questi presupposti di base non si può raggiungere alcun risultato.
Thomas Edison è stato senz'altro un ottimo esempio di cosa significhi essere determinati e resilienti. Si dice che prima di arrivare ad identificare il materiale giusto per il filamento della lampadina ad incandescenza, abbia effettuato 2.000 prove. Sfido chiunque a non aver desistito prima.
E ad ogni modo, essere determinati e resilienti non basta. Ma è senz'altro un buon punto di partenza.
La propensione al miglioramento va coltivata con l'esercizio costante su se stessi, al fine di mantenersi continuamente disponibili al cambiamento e all'apprendimento continuo.
Insomma, "farsi un mazzo così", un processo tutto "lacrime e sangue" che è tanto semplice da descrivere a parole quanto complicato da mettere in pratica.
E il talento naturale?
Se il talento non lavora duro, il duro lavoro batte il talento (questo pensiero l'ho postato qualche giorno fa tra i miei aforismi quotidiani...).
L'invito degli autori è di osservare il "dono naturale" da una prospettiva diversa: non più solamente un qualcosa di innato, ma una dura conquista da mantenere attraverso l'esercizio costante.
Quanti talentuosi giovani sportivi si sono persi per strada! E quanti di noi vivono col freno a mano tirato!
Ma per quanto possa risultare ardua e faticosa la strada, anche il più lungo e ambizioso dei viaggi comincia col primo passo.
E a chi avrà il coraggio di partire, verrà in soccorso San Francesco: "Comincia a fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e senza rendertene conto avrai fatto l'impossibile".
Ai genitori che vorrebbero figli motivati al cambiamento dico che la prima strada da perseguire è sempre la stessa: il buon esempio. Poche parole e tanta voglia di mettersi in gioco. Facciamoci vedere noi disponibili al miglioramento continuo e sarà più probabile che anche i nostri figli lo diventino.
Concludendo, non aspettatevi un testo che entri nello specifico e che dia istruzioni operative (per mia natura diffido dai testi che contengono "facili" ricette, valide indistintamente per tutti, soprattutto quando si parla di temi di ampia portata); si tratta più di una panoramica che va a sfiorare aspetti rilevanti (il tema dell'incoscienza educata, lo stato di grazia, la trance performativa, solo per fare qualche esempio) ognuno dei quali meriterebbe un libro a parte di approfondimento.
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