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Il decalogo per chi decide di rivolgersi ad uno psicologo

Quali emozioni ci accompagnano nello studio dello psicologo al quale, per la prima volta, ci si è decisi di rivolgere? E, quindi, come comportarci?

Ci si sente un poco umiliati, feriti, oppure ci si presenta con la determinazione di chi sa di dover affrontare a viso aperto una "partita" complicata?


Al di là del differente approccio individuale, ogni persona porta con sé un forte carico di incertezze riferite alla situazione che, oltre quella porta, il paziente (o preferisci il cliente?) si troverà a dover affrontare.

Lo psicologo è un personaggio quasi mitologico, che colpisce l'immaginario collettivo, spaventosamente affascinante nella capacità che molti gli attribuiscono di guardarci dentro e di capire chi siamo in poco tempo...


E ovviamente, tutto ciò che è mitologico, non corrisponde al vero.


E per alleggerire l'incontro con questa "entità" che da sempre suscita sentimenti contrastanti, prendo spunto dal Manuale di sopravvivenza per psico-pazienti e dal decalogo con cui l'autore, Giorgio Nardone, conclude il libro.


Premessa: credo che mettere a proprio agio chi ci si trova di fronte sia uno dei compiti basilari al quale un professionista (qualsiasi professionista!) deve prestare attenzione.

E nella mia esperienza, non solo da psicologo, ogni volta che mi sono trovato di fronte un cliente "competente" e "sul pezzo" è sempre stato molto stimolante.

Così, come invece continua ad innervosirmi l'essere cliente e ricevere una minima considerazione da chi occupa l'altra parte della scrivania.


Ma veniamo al decalogo.


1) Evita di farti intimidire dal ruolo o dal linguaggio del terapeuta. Pretendi, in maniera serena e ferma, una spiegazione chiara e concreta di quello che ti viene detto e se per qualche ragione si entrasse in valutazioni diagnostiche, chiedi ancor meglio le motivazioni che stanno alla base delle considerazioni dello psicologo.


2) Esigi chiare e concrete indicazioni terapeutiche ed evita di farti abbindolare in fumose interpretazioni e/o riflessioni.


3) Evita di essere troppo acquiescente: pretendi chiarimenti! Anche perché è il terapeuta che dev'essere al tuo servizio e non tu al suo!


4) Concorda con il tuo psicologo gli obiettivi da raggiungere. Non c'è niente di più frustrante di un percorso senza meta (Seneca diceva: "Per il marinaio che non sa a che porto approdare, nessun vento è favorevole").


5) Chiedi una previsione, ovviamente probabilistica, della durata della terapia. O quantomeno che ci siano degli step di verifica, dedicati all'analisi di quanto avvenuto fino a quel momento.


6) Valuta in termini concreti il tuo stato di salute e i cambiamenti ottenuti, proponendo le tue valutazioni. Così costringerai lo psicologo a stare sul terreno della concretezza, evitando che ci siano troppe digressioni su aspetti teorici, di scarsa rilevanza per la tua salute.



7) Di fronte a qualunque indicazione terapeutica procedi, insieme al tuo psicologo, ad una valutazione dei costi e benefici previsti: non c'è bisogno di usare un cannone per sparare ad un moscerino!


8) Se dopo qualche mese non rilevi miglioramenti sostanziali, cambia psicologo. Colloqui che non inducono miglioramenti, alla lunga produrranno peggioramenti.


9) Evita di farti fare troppi complimenti così come non accettare di essere denigrato. Il "troppo stroppia", in entrambi i casi.


10) Ricorda che uno psicologo che ti vede 10 volte guadagna tot. Se ti vede 20 volte guadagna il doppio.

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