"Parliamoci chiaro: cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità? Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria"
Il mito della felicità
Siamo circondati da ricette, da "10 cose da fare per ...", corsi di formazione, libri, guru improbabili e chi più ne ha più ne metta.
Tutti disinteressatamente interessati alla nostra felicità!
Con questo libro l'autore (era il 1983) si è preso la briga di darci alcune indicazioni su come imparare a rendersi infelici, argomento da cui ogni persona sensata penserebbe di stare alla larga.
Ma Watzlawick conosce a fondo l'animo umano e in un breve viaggio che attraversa in punta di piedi l'antropologia, la psicologia, la pragmatica della comunicazione e la storia dell'uomo, raccoglie le tante piccole abitudini che ogni giorno siamo così abili ad agire, in spregio alla felicità a cui tanto ambiamo.
Ma quindi, cosa dobbiamo fare?
Innanzitutto cominciamo col coltivare la convinzione secondo la quale c'è un unico punto di vista valido: il proprio.
Poi dedichiamoci al ricordo del nostro passato attraverso un filtro che lasci trasparire solo il buono e il bello nella luce più trasfigurante, come se la giovinezza fosse l'età dell'oro irrimediabilmente perduta.
Se vivete una storia d'amore complicata che costantemente vi fa chiedere chi mai ve lo abbia fatto fare, allora convincetevi ancora una volta che un serio e leale "ricominciare da capo" porterà ad un risultato magnifico (peccato che abbiate perso il ricordo della prima volta in cui avete avuto questa brillante idea!).
Definite obiettivi oltremodo ambiziosi e piuttosto che impegnarvi in una "politica dei piccoli passi", perseguendo scopi ragionevoli e raggiungibili, scegliete una meta straordinariamente elevata. Così mai nessuno potrà criticarvi se non vi siete ancora messi in viaggio o se dopo poco dalla partenza vi ritrovate già persi per strada.
Se siete genitori, non pretendete solamente dal figlio che faccia i propri compiti, ma chiedetegli che li faccia anche volentieri! E così vedrete come in breve tempo lo manderete in confusione! E nel giro di breve arriverà alla conclusione che con se stesso o con il mondo c'è qualcosa che non va.
E se lo vedete di cattivo umore, allora affondate il coltello nella piaga e ditegli con tono molto arrabbiato di andare in camera sua e di restarci fino a quando non gli è tornato il buon umore...
Ma vogliamo forse dimenticarci degli innamorati, che si trovano in quello stato di estasi tipico di chi è convinto (questa volta senz'altro!) di aver incontrato la persona della propria vita?
Non accetate con riconoscenza tutto quello che la vita vi offre attraverso il nuovo partner. Fate lavorare il cervello. Chiedete a voi stessi, non a lui, perché vi ama. Egli deve pur avere un secondo fine qualsiasi. E certamente non lo rivelerà a voi.
Ambire all'infelicità
Se fossimo capaci di regalarci una precisa e duratura infelicità, allora avremmo tutte le carte in regola per aspirare alla felicità. Gli antichi cinesi sostenevano che se vuoi imparare a drizzare una cosa, prima devi imparare a storcerla di più.
E vorrei concludere con le parole di Dostoevskij che aprono il libro:
"Da un essere umano, che cosa ci si può attendere? Lo si colmi di tutti i beni di questo mondo, lo si sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra la testa, tanto che alla superifcie della felicità salgano solo bollicine, come sul pelo dell'acqua; gli si dia di che vivere, al punto che non gli rimanga altro da fare che dormire, divorare dolci e pensare alla sopravvivenza dell'umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano vi giocherà un brutto tiro, per pura ingratitudine, solo per insultare. Egli metterà in gioco perfino i dolci e si augurerà la più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a questa positiva razionalità un proprio funesto e fantastico elemento. Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua banale stupidità..."
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